Mi hanno sempre annoiato o, ancor peggio, ho rifuggito o ignorato, per quanto possibile in un lavoro come il mio, i leader verbosi, caciaroni, pieni di sè fino allo sfinimento, quelli che urlano troppo anche quando parlano sottovoce, anche se abbiamo già capito quanto fighi sono, e anche quelli che, facendo finta di nulla, in realtà amano con determinazione feroce la loro immagine sovraesposta.
Viceversa sono sempre stato attratto dai leader silenziosi, quelli che fanno grandi cose senza fare tropo casino, e sanno dire tutto con poche parole, ma decisive quando servono; e desidero sempre in cuor mio che siano loro a meritare i momenti di gloria più intensi.
Il 9 Giugno del 1958 accadde proprio questo: si giocava la finale del Mondiale di Calcio, Brasile – Svezia: Hilderaldo Luis Bellini era il Capitano di quel Brasile di giocatori dal talento immenso, e dopo soli 4 minuti la Svezia segnò un gol, lo segnò Niels Liedholm, non uno qualunque. Nessuno in Brasile aveva dimenticato ( e mai lo dimenticò) il “Maracanazo”, la sconfitta del 1950 nella finale contro l’Uruguay, una ferita per l’intero popolo brasiliano. Una ferita che in quel momento pulsava nella squadra brasiliana, come un presagio.
Hilderaldo, che era un difensore di quella stirpe definita di “duri e corretti”, raccolse la palla nella rete, la consegnò a Didì e la squadra s’incamminò verso il centrocampo, con incredibile lentezza: “calma ragazzi, andiamo a vincere”, solo queste cinque parole disse il Capitano. Alla fine, la Storia sa che finì 5-2 per il Brasile.
Nel momento della consegna della Coppa Rimet il Capitano Bellini la alzò al cielo, era la prima volta nella Storia che qualcuno lo faceva. Si dice che fu un gesto casuale, per favorire i giornalisti e i fotografi nel riprendere la scena. Non lo so, ma fu quel gesto semplice che cambiò per sempre il modo di celebrare la vittoria.
Ai successivi Mondiali del 62 in Cile nello spogliatoio un giovane difensore, Ramos de Oliveira Mauro, reclamò davanti a tutti un posto da titolare, una cosa che non si fa e che lasciò tutto la spogliatoio in silenzio, non una sola parola: “è giusto che giochi Mauro, ora tocca a lui”; con queste poche parole senza nessun risentimento o ironia, Bellini liberò la squadra da quel momento. Puoi farlo solo se hai un immenso carisma.
Finita la carriera da calciatore tornò a scuola, si diplomò, a 54 anni si laureò in legge, aprì un negozio di scarpe a Copacabana, continuò a STUDIARE calcio per aprire una scuola e aprì un supermercato dal nome “O Viva Bem”, “La Bella Vita”.
A Rio davanti al Maracanà c’è una sua statua che ricorda quel gesto di vittoria.
Pochi sanno che Hilderaldo Luis Bellini è il calciatore più amato della Storia dal popolo brasiliano, più di Pelè.
Perchè non era il migliore dei calciatori, ma il più grande tra i leader: un leader silenzioso.