Carlito’s Way
La Psicologia dei Soldi
Ricchi infelici e la felicità dei soldi
Questo non è un libro “assoluto”, di quelli “changing life”, ma potrei classificarlo tra le letture “driving life”, cioè di quelli che non cercano di importi nulla, ma ti indirizzano verso un pensiero; puoi essere d’accordo o meno, ma almeno ti costringe a pensare.
E’ un argomento difficile, ma questa lettura ha ispirato Carlito ad esprimere una riflessione che da decine di anni porta dentro di sé: ho conosciuto molte, moltissime persone, ricche o che hanno fatto un sacco di soldi, ma poche, pochissime tra loro, le ho trovate felici.
Anzi, l’opposto. Piene di preoccupazioni, con il timore costante di perdere una parte, anche infinitesimale, del loro patrimonio, alla continua ricerca di accumulare soldi che potrebbero far vivere bene le loro famiglie per alcune generazioni, disposti a fare qualunque cosa per non perdere un euro, e soprattutto sopraffatti dal senso di colpa qualora questo sia accaduto, o possa accadere; senso di colpa preventivo. Litigi continui, sospetti, famiglie sfasciate oppure sterilizzate in un limbo benestante, amicizie saltate e sodalizi distrutti, apprensioni incomprensibili per chi guarda il fenomeno con più leggerezza, sottovalutazione di chi ha fatto meno soldi, sopravvalutazione della propria esperienza di vita basata sul denaro, ego monetario alle stelle, negoziazioni estenuanti per mantenere la posizione economica, utilizzo minimale degli sfarzi che si potrebbero permettere rispetto agli sforzi espressi, ma soprattutto scevri della consapevolezza del tempo che scorre più veloce dell’accumulo di soldi.
Gente che parla del “salary cap” per gli altri, e finge di ignorare completamente il “salary gap” crescente tra chi guadagna un sacco di soldi e chi ne prende sempre meno, un megatrend; anzi, da un certo momento in poi sembra che la preoccupazione maggiore di queste persone sia quello di pensare a come fare a ricompensare meno possibile chi i soldi gli ha permesso di farli.
Sia chiaro, io non ho nulla contro chi ha fatto o guadagna molto danaro, spesso è meritato e dovuto a intuito, capacità, competenze, e tutto questo va benissimo; sono solo stupito dal cul de sac in cui si infilano, come se il denaro dovesse “per forza” essere una progressione irrinunciabile verso il possesso di cose che non possono godersi, perché non ne hanno il tempo.
Il tempo è dedicato quasi esclusivamente alla cura e alla tutela delle condizioni che hanno permesso di fare soldi, e poi non ne godono i benefici.
Questa lettura fa riflettere su questo, e non lo capito nemmeno chi lo ha commentato sulla copertina: “un dei migliori e più originali libri sugli investimenti degli ultimi anni”, leggerete come commento autorevole di un giornalista di The Wall Street Journal, Jason Zweig. Probabilmente Mr. Zweig è internato in un bunker a Wall Street per fare un commento del genere, e l’editore non può liberarlo: non è affatto un libro sugli investimenti, ma sul significato soggettivo che diamo al danaro, su come lo “viviamo”, nemmeno su come lo utilizziamo.
Basterebbe questo passaggio per giustificarne la lettura: “vogliamo la ricchezza per segnalare agli altri che devono amarci ed ammirarci (o temerci, aggiungo io). Ma in realtà spesso gli altri non ci ammirano affatto: non perché non pensino che la ricchezza sia ammirevole, ma perché usano la nostra ricchezza come fonte di ispirazione per il loro desiderio di piacere e di essere ammirati” […]forse penserai di volere un’auto costosa, un bell’orologio o una casa molto grande. Ma fidati, non è vero. Quello che vuoi è il rispetto e l’ammirazione degli altri, e pensi che quegli oggetti costosi te li procureranno. Non va quasi mai così, soprattutto con le persone da cui vuoi essere rispettato e ammirato”.
E allora quando i soldi, ragionevolmente, portano a una qualche forma di felicità? Quando ti danno la possibilità, se la sai cogliere, di trasformare il denaro in tempo da dedicare alle cose che ami, senza abbandonare le tue attività. Se fare soldi controlla la tua vita sei infelice per quanti tu ne abbia accumulato; se controlli la tua vita avendo fatto i soldi, allora ti avvicini ad un’idea di felicità: “la percezione di controllo della propria vita è un indicatore più attendibile delle sensazioni positive di benessere rispetto a tutte le condizioni oggettive che prendiamo in considerazione”.
Si diventa “ricchi” con la ragionevolezza piuttosto che con l’oggettività.
E questo riguarda anche il tema tanto amato delle competenze: “in un mondo in cui l’intelligenza è ipercompetitivà e molte competenze tecniche sono state automatizzate, i vantaggi competitivi si collocano sempre più nelle abilità di nicchia e nelle soft skill: come la comunicazione, l’empatia e forse, soprattutto, la flessibilità. Se avete flessibilità, potete aspettare l’occasione giusta, sulla carriera così come negli investimenti. Avrete maggiori possibilità di poter imparare una nuova competenza quando sarà necessario. Avrete meno urgenza di inseguire i rivali in possesso di competenze che a voi mancano, e più libertà di trovare la vostra passione e la vostra nicchia con i vostri tempi. Potete stabilire una vostra routine, un ritmo più lento, pensare alla vita con una serie di presupposti diversi. La capacità di fare queste cose quando la maggior parte degli altri non può farle è una delle poche qualità che potranno differenziarvi in un mondo in cui l’intelligenza non è più un vantaggio sufficiente. Avere più controllo sul proprio tempo e sulle proprie opzioni sta diventando una delle valute più preziose al mondo”.
Una bella prospettiva per chi del denaro è prigioniero, anche se non lo ammette.
Vale la pena leggerlo anche solo per questo.