NW 25 – 25 anni sui Bastioni di Orione

Carlito’s Way

 NW – 25
25 anni sui Bastioni di Orione

 

Ci ho dovuto pensare sopra un po’ prima di decidere se pubblicare o meno questo pezzo, articolo, non so bene come definirlo (pezzo, meglio, articolo non va bene perché non avrà valenza scientifica alcuna), ma caspita, da quel giorno di Gennaio del 1997 sono passati 25 anni, e 25 anni sono un pezzo (ancora “pezzo”, quindi confermo, come se fosse una canzone), tanto lungo e importante nella vita di ciascuno di noi, figuriamoci per quella di Carlito, che questo pezzo lo scrive e lo vive.
Ci ho dovuto pensare perché ho sempre avuto qualche forma di repulsione per le auto-celebrazioni (sono fottuto), sapete quelle cose che dici ma che ti fanno sentire un po’ gradasso. Carlito non ci riesce, si vergogna, grosso e grasso problema di questi tempi.
Sta di fatto che questa storia professionale nata 25 anni fa con Marco (Berti) e Cristiana (Palmieri) è una storia di ripartenza, di resilienza vera e propria, nata dalle macerie umane e professionali di un’esperienza precedente, che ometto di raccontare perché non serve a nulla, sarebbe solo ruminante. Da allora il Mondo è cambiato almeno 3 volte, c’è chi dice 4, ma poco importa, una più una meno non fa la differenza qui. Per Carlito è cambiato 4 volte, perché oltre al 11 Settembre, alla crisi finanziaria del 2008 e alla pandemia, nel 2005 Marco e Cristiana sono andati a vivere in Australia, dove sono felici e vivono benissimo, e o ne sono altrettanto felice per loro. Due volte tipi furbi hanno tentato di portarmi/ci via la società, tramite artifizi di ingegneria finanziaria e patti parasociali farlocchi: non ci sono riusciti, perché dai Bastioni di Orione arrivano segnali che non devi ignorare. Con tutti i colleghi abbiamo sognato, lottato e sofferto, gioito, pianto e vissuto notti insonni per cattiverie e scorrettezze, navigato e volato in alto; soprattutto abbiamo imparato a navigare in maniera sempre diversa. Insomma, quello che accade a tutti in vari momenti della vita.
Un bel pezzo di vita, Carlito, una storia che può dire qualcosa, senza sentimentalismi e senza allargarti troppo, semplicemente fermandoti su uno scoglio a osservare l’orizzonte, in silenzio e con la mente attenta e mobile.

 No, NW – 25 non è una stella della Costellazione di Orione, è solo un modo per dire che Net Working, la società di consulenza organizzativa e formazione manageriale che ho fondato 25 anni fa, brilla oggi come allora, almeno per il momento, una stella può sempre esplodere, è la legge universale dell’impermanenza, che nessuno dovrebbe ignorare.
Un bel traguardo, non ci riescono in tanti, senza fare i fenomeni lasciatemi però godere della nostra magnitudo.
E non voglio nemmeno appropriarmi con superiorità o arroganza delle parole che Rutger Hauer pronunciò nel monologo in Blade Runner, anche perché certamente non “è tempo di morire”, anzi, come dice Vasco, “siamo ancora qua”, eh già.
Passo al plurale. Perché in questa storia non ci sono solo io.
Chi ci conosce a che a noi piace scherzare, ma sempre seriamente, giochiamo seriamente, siamo “gamificati” nel DNA.
Certo, 25 anni sono quasi un miracolo per una società di professionisti che nasce senza padrini, senza legami e legacci con l’opportunismo dell’Accademia italiana, senza personaggi oscuri nella cui ombra agire, senza padroni occulti e senza essere un satellite di una “major”, con tutto il rispetto che abbiamo per i grandi players, dai quali comunque qualcosa abbiamo imparato.
Come abbiamo fatto ad arrivare fin qui, eh già?
Perché abbiamo deciso fin dall’inizio di essere una boutique di lusso, dei bravi e raffinati sarti che hanno cucito e ricucito le proprie competenze, prospettive e visioni osservando da vicino le organizzazioni nel loro mutare in un quarto di secolo, un nulla nel tempo cosmico, un’eternità nella storia recente. Presuntuosi? No, consapevoli.
E allora adesso potremmo dirvi quanto siamo stati bravi, farvi l’elenco dei quasi 500 clienti che abbiamo servito (sì, servito) iniziando da quelli di maggior prestigio e visibilità, raccontarvi i progetti più importanti che abbiamo portato a termine e l’impatto dei loro risultati, le organizzazioni che abbiamo salvato, gli ostacoli e le crisi che abbiamo affrontato, le gioie che abbiamo celebrato, parlare di coloro che ci hanno deluso o cercato di fregare o meglio ancora, proprio fottere, o ancor meglio delle persone che abbiamo avuto l’immensa fortuna di incontrare, oppure ringraziare clienti, collaboratori e partner che ci hanno seguito in tutti questi anni.
Lo faremo, ma nel modo originale che ci contraddistingue, i sarti professionisti non ti cuciono addosso una cosa che ti sta male, ma ti dicono sempre cosa può valorizzarti an che se non sei perfetto, eh già.
Ma da chi è sempre stato “sul filo del rasoio”, come in Blade Runner, da chi si è sempre dovuto conquistare un domani nel day by day senza poter usufruire di rendite di posizione, preferiamo dirci qualcosa su quello che abbiamo visto dai nostri Bastioni in questi 25 anni: come si sono trasformate le organizzazioni, e le persone che ci hanno vissuto e ci vivono dentro, senza avere la presunzione di detenere la verità, ma chi ha 25 anni di storia andrebbe ascoltato, con gentilezza e benevolenza, se non vi dispiace.
Come vi dicevo nell’intro, abbiamo soprattutto navigato, cercando di avere solidi approdi a terra. Allora navighiamo in questa esperienza.
Le organizzazioni che abbiamo conosciuto all’inizio della nostra storia, e che rappresentavano delle “navi scuola” per la maggior parti di tutti gli altri, assomigliavano ed agivano (per favore, accettate la metafora), come delle navi da crociera: navigazione stabile e relativamente sicura, stazza imponente per affrontare le turbolenze e le tempeste dei propri mari (o laghi, o laghetti) di frequentazione; ruoli certi, tutto sommato stabili, l’importante era viaggiare con successo superando le intemperie. L’equipaggio, con maggiore o minore fortuna e prestigio personale, poteva navigarci anche a vita, se con qualcuno non ti trovavi bene potevi chiedere al Comandante di cambiare cabina, e navigare anni ed anni facendo il tuo lavoro senza incontrare più chi non ti piaceva, oppure incontrarsi sul ponte, salutarsi se del caso ed andare oltre. in alcuni casi si trattava di vere e proprie portarei quasi inattaccabili, o di caccia torpediniere ben protette dai mezzi di supporto. Insomma, si navigava a lungo, pure nelle peggiori tempeste, ma l’importante erano la stabilità dell’imbarcazione e la capacità dell’equipaggio di gestire ogni situazione, con grande senso di appartenenza. Contava anche la cambusa, molto.
Poi è arrivata la “finanziarizzazione” dell’impresa (in parte c’era già ovviamente, ma aveva un peso diverso): gli “armatori” sono diventati meno sensibili alla rotta stabile da seguire, ma al valore finanziario che si poteva trarre dalla navigazione. Sì il MOL contava ancora ma l’EBTDA e la quotazione in borsa, esistente o possibile, insomma il valore finanziario vs, i bilanci, vogliamo mettere?
E allora le grandi navi da crociera, le portaerei, i cacciatorpediniere, si sono trasformate in motoscafi d’altura: navigazione molto più veloce, cambiamenti di direzione repentini, gare da vincere subito, mete ravvicinate per poi ricominciare la gara, personale sempre più specializzato, profitto nel breve periodo, pianificazione strategica sempre più a breve e mutevole. Molta gente è rimasta a terra, non era in grado di stare su imbarcazioni così veloci e imprevedibili. Non importa se eri capitano di lungo corso, o ce la facevi o stavi a terra.
Oggi le organizzazioni sono dei catamarani foil system, volano letteralmente sull’acqua ad una velocità non immaginabile fino a qualche tempo fa, ipertecnologici e digitalizzati, ogni regata è una storia a se che può determinare o meno il successo della competizione immediata, poi si ricomincia. Si compete a sportellate. Se non sei super – specializzato non ci puoi stare sopra, semplicemente, e nemmeno lo skipper può essere sicuro di partecipare alla nova competizione, se non ha fatto sufficientemente bene a quella precedente, non importa quanto ha investito l’armatore, non più di tanto, rispetto all’obiettivo specifico, devi avere successo immediato. Non ti piace o non ci riesci? Rimani giù a guardare e, se possibile e se vuoi, imparare. Non ti piace perché ti sentivi più a tuo agio sulla portaerei o sul motoscafo d’altura? Son problemi, lo sai?  Prepara la scialuppa o attaccati al tender. Eh già.
E allora chi fa il nostro lavoro cosa ha dovuto imparare dai Bastioni di Orione, per seguire i capricci insondabili e le dinamiche delle crociere e regate in 25 anni?

  1. L’attitudine del sub: devi saper respirare e “guardare da sotto”, perché le organizzazioni hanno correnti sotterranee che hanno un’influenza enorme sulla navigazione, e spesso i “Master & Commander” sono talmente concentrati sul risultato che gli sono stati assegnati, che spesso, credeteci, rischiano di essere abilissimi e miopissimi.
  2. L’attitudine del surfista: devi saper costeggiare l’organizzazione con discrezione, a volte senza farti vedere troppo, ma dando la sensazione che ci sei, comprendere le onde e la loro variabilità, guardale e capirle senza arrivare a conclusioni immediate, ma agendo comunque rapidamente, e dirlo al Master & Commander, che avrà reazioni diverse a seconda della sua abilità e/o della sua presunzione; potrà apprezzare ed ascoltare, magari cambiare parte della strategia, oppure cambiare il surfista che lo segue, se si sente minacciato nella sua autorevolezza, tanto comanda lui, o lei.
  3. L’abililtà del kite-surfista: devi saper vedere anche le cose dall’alto, capire cosa succede intorno, volare alto a prescindere, perché chi sta sull’imbarcazione non vede tutto, e tu devi aiutare a farlo, ora più che mai. Urla, se non ti sentono, o fanno finta di non sentirti, ma i venti e le onde e le mareggiate viste dall’alto sono qualcosa che, se sai interpretare, faranno la differenza.
  4. L’abilità del Luogotenente o del Tattico, che è in grado di salire sull’imbarcazione dando buoni consigli avendo visto qualcosa da sotto, ai fianchi e da sopra, senza sostituirsi ai ruoli formalizzati, perché sennò perderebbero autorevolezza e non lo potrebbero sopportare, mai cercare di sostituirsi a chi ha questi ruoli.
  5. Dotarsi di un drone: rendere la propria osservazione ampia, continua e digitale, in grado di trasmettere informazioni e consigli in tempo reale, e collegarti ad una rete di droni che possa supportarti in questo, perché ogni organizzazione pensa di essere un’isola, ma non lo è, e noi la sappiamo, e dobbiamo saperlo prima degli altri.
  6. Serve anche agganciarsi a un sistema satellitare, per cogliere segnali da una prospettiva ancor più ampia, seguire e interpretare i megatrend globali che nemmeno un insieme di droni può monitorare, ti piacciano o meno, s’intende, e avere una sala controllo attenta e preparata.
  7. Trasformare tutto ciò in skills: fare in modo che l’organizzazione e le sue persone apprendano da te, e non diventino mai dipendenti da te; poi, quali soft skills sono diventate hard skills durante la navigazione, beh, quello venite chiedetevelo e venite a chiedercelo.
    Noi lo sappiamo, in 25 anni lo abbiamo capito, sennò non saremmo ancora qua, eh già.
    Saluti dai Bastioni.