Carlito’s Way
Emil Zàtopek
La Locomotiva Umana
“E corre, corre, corre la locomotiva…”
La “Locomotiva Umana” è Emil Zàtopek, questa la sintesi del suo “credo” umano e sportivo:
- Non cedere al richiamo della resa, perché ci si sente in ritardo… : non si allenò mai prima dei 18 anni e la sua più grande impresa la realizzò a 30 anni, età decisamente avanzata per una disciplina tanto logorante come la corsa sulle lunghe distanze;
- Non barattare la sostanza con la forma, i progressi e i risultati con la smania del perfezionismo sterile: «alle volte la mia corsa assomigliava a quella di un cane pazzo. Non importavano lo stile o ciò che sembravo agli altri: c’erano dei record da battere»;
- Allenarsi duramente intenzionalmente, abitualmente: duri programmi di allenamento, che significavano corre almeno 4 ore al giorno, nei momenti più disparati della giornata, dopo i turni di lavoro, al mattino come di notte. Su tutti i terreni. Con gli stivali da guerra pesanti come ferri da stiro, qualcuno disse usando questa efficace metafora;
- Non farti intimorire da chi vuole rallentare la tua corsa, imponi il tuo ritmo e corri la tua gara; Zatopeck non aveva mai corso la maratona e chiese all’avversario Jim Peters, detentore del record olimpico di allora, se il loro ritmo non fosse troppo elevato. Peters mentì, e per sfiancarlo affermò che in realtà stavano andando troppo piano. Zatopeck non solo accelerò, ma mantiene il ritmo alto e Peters crollò in preda ai crampi. Emil vinse la Maratona battendo il precedente record di 6 minuti.
Oggi, con questo pensiero, Zàtopek girerebbe il mondo facendo lo “speaker motivazionale” per i manager di chissà quante organizzazioni, che penderebbero dalle sue labbra.
Magari lo ha pure fatto terminata la sua carriera agonistica e dopo essere diventato una celebrità a livello globale, come fanno molti ex sportivi, ma questo non lo so, e comunque erano altri tempi e giravano altri soldi.
Con Emil ci troviamo alle Olimpiadi di Helsinki nel 1952, le seconde dopo la Guerra Mondiale in un mondo ancora sotto shock e impegnato a leccarsi le ferite di quella mostruosità e ricostruire gli equilibri e, per decenni, le Olimpiadi di Helsinki sono state considerate le migliori mai organizzate; infatti la Finlandia stupisce tutti, costruendo magnifici impianti e ben tre Villaggi Olimpici (uno per gli occidentali, uno per il blocco sovietico e uno per le donne) e il mondo di quegli anni risponde con rinnovato entusiasmo: a Helsinki partecioano 69 nazioni, 10 in più che a Londra, comprese le rientranti Germania e Giappone e soprattutto l’Unione Sovietica, alla sua prima partecipazione della storia (come Russia, mancava dal 1912).
Ma le Olimpiadi, tutte indistintamente, vanno ricordate anche per altri motivi: scandiscono di 4 anni in 4 anni i tempi del cambiamento, ne sono una testimonianza precisa, non solo per le imprese delle atlete degli atleti che si presentano o si ripetono, ma per gli accadimenti che segnano la nostra Storia.
Se le osserviamo bene e in sequenza, anche da questo punto di vista, sono un bell’allenamento al mindset del cambiamento, un bell’esercizio di cultura del change management, per stare nel nostro terreno abituale.
Ad esempio, nel 1952:
- Viene brevettato il codice a barre
- Elisabetta diventa Queen del Regno Unito (6 febbraio)
- Viene installata la prima cabina telefonica a Milano in piazza San Babila
- La RAI inizia, ancora in fase sperimentale, le sue trasmissioni televisive. Va in onda il primo tg italiano
- Viene varato il primo sommergibile nucleare l’USS Nautilus
- Rocky Marciano diviene il nuovo campione del mondo dei pesi massimi. Concluderà la carriera imbattuto
- Giuliana Minuzzo è la prima italiana a vincere una medaglia (bronzo nella discesa libera) nella storia dei Giochi olimpici invernali
- Zeno Colò conquista la medaglia d’oro nella discesa libera ed è il primo campione olimpico italiano dello sci alpino
- Nascono: Vasco Rossi, Vladimir Putin, Roberto Benigni (beh, con destini molto differenti, come è ovvio che sia)
Ma torniamo al nostro Emil: Zàtopek nasce il 19 settembre 1922 a Koprivinice, in Moravia, allora Cecoslovacchia, la sua è una famiglia numerosa e umile, il padre fa il calzolaio.
Emil lavora come operaio in una fabbrica di scarpe quando in una gara sociale organizzata dal suo datore di lavoro, appassionato di sport, arriva secondo, senza alcuna esperienza né allenamento. Capisce di avere una predisposizione e un talento particolare per la corsa e anche se può sembrare tardi, all’età di vent’anni, inizia a coltivarlo nei ritagli di tempo: corre di sera dopo il lavoro, oppure di mattina e anche di notte, come permettono i turni in fabbrica. Arruolato durante la seconda guerra mondiale, è in questa circostanza che Zatopek si dedica totalmente alla disciplina sportiva, mettendo a punto programmi di allenamento duri e intensi, correndo almeno quattro ore al giorno su qualsiasi tipo di terreno. Il suo segreto forse è stato proprio quello di unire alla sua straordinaria capacità fisica, e alla sua ferrea volontà, carichi di lavoro sovrumani e massacranti. Il suo motto era “la corsa come abitudine”.
Non aveva un bello stile, anzi: correva con la testa piegata all’indietro, aveva sempre una “brutta smorfia” sul viso, i gomiti vicini al corpo, una smorfia di sofferenza stampata sul viso: non aveva armonia nel gesto atletico, ma possedeva una resistenza ai limiti delle possibilità umane.
Per Emil infatti la corsa era una continua sofferenza, una sorta calvario da sopportare, metro per metro e momento per momento, anche quando gli avversari non lo impensierivano più di tanto.
Si segnala per la prima volta agli Europei di Oslo del 1946, ottenendo il quinto posto nella finale dei 5000. Vince poi nello stesso anno la gara dei 10.000, ai giochi “interalleati” (sic!) di Berlino.
Due anni dopo, alle Olimpiadi di Londra del 1948, conquista l’oro nei 10.000 (staccando il secondo, il franco-algerino Mimoun, di quasi un minuto) e l’argento nei 5.000.
Da qui in avanti Emil resterà imbattuto per sette anni e 38 gare, fino al 1954.
Ed è proprio nel 1954 che Zàtopek ottiene i suoi ultimi due primati del mondo, con un’impresa non meno leggendaria di quella confezionata ai Giochi di Helsinki: nel giro di 48 ore porta il limite dei 5.000 a 13’57″2 e quello dei 10.000 a 28’54″2 (primo corridore di sempre a vincere i 10.000 in meno di mezz’ora).
Ai Giochi Olimpici di Melbourne 1956, ormai 34enne e provato da una carriera estenuante, concluderà la maratona al sesto posto.
E veniamo al momento magico, la Maratona del 27 luglio 1952 quando lungo i viali alberati di Helsinki, nella patria di un “tale” Paavo Nurmi, si correva la gara con favorito l’inglese Jim Peters, detentore del record mondiale. Zatopek era al suo esordio assoluto sulla distanza dei 42 chilometri e la sua strategia di gara era semplice: seguire il più possibile la tattica di Peters, più esperto di lui in quella corsa. Peters impose un ritmo altissimo alla corsa, Zatopek gli rimase ostinatamente incollato, parlottando ogni tanto con lui per chiedere se il ritmo fosse adeguato. Peters non terminò la corsa, forse stremato dal ritmo forsennato da lui stesso imposto. Zatopek vinse anche la maratona restando da solo dal 30° km circa. Entrò nello stadio e gli ultimi passi furono scanditi dal suo nome ripetuto a ritmo da tutta la folla. Concluse la gara con una delle sue straordinarie accelerazioni “con smorfia”, entrando nello stadio olimpico in solitudine, accolto dalla standing ovation del pubblico presente.
Zàtopek aveva percorso la maratona ad una velocità mai sostenuta da nessuno. Eppure dopo pochi minuti faceva la sua riapparizione in pista, stringendo mani e conversando con la folla.
L’impresa fece il giro del mondo e conferì a Emil la popolarità universale che gli valse il soprannome di “Locomotiva umana”: ed eccola qui, la “Locomotiva” che per sempre resterà nella Storia. Per altro, nello stesso giorno in cui Emil vinse la maratona, sulla pedana del lancio del giavellotto la moglie Dana Ingrova si imponeva sulle avversarie.
Per tre Olimpiadi consecutive il mondo sportivo ha assistito alla sfida olimpica tra il cecoslovacco Emil Zátopek e il suo eterno rivale, il francese Alain Mimoun. Zatopek trionferà davanti a Mimoun nei 5000 m e 10000 m piani, vincendo poi il suo terzo oro nella maratona. I due non sono più giovanissimi, Zatopek ha trent’anni, che all’epoca sono un’età avanzata anche per un mezzofondista, Mimoun è addirittura un anno più vecchio. Quattro anni prima a Londra 1948, il francese si dovette accontentare della medaglia d’argento nei 10000 m piani. Dovrà aspettare altri quattro anni, per vincere la sua prima medaglia d’oro alle Olimpiadi di Melbourne 1956 nella maratona, gara nella quale Zátopek chiuse al sesto posto.
Nella vita è stata una persona allegra e gioviale, sempre disponibile, Emil Zatopek si è definitivamente ritirato dal mondo sportivo nel 1982, per vivere a Praga insieme alla moglie Dana, che l’ha assistito fino al giorno della sua morte avvenuta il 21 novembre 2000.
Il 22 ottobre 2002 nei Giardini del Museo Olimpico di Losanna, in Svizzera, a lui è stata dedicata una statua celebrativa in bronzo.
Zatopek fu anche precursore del cosiddetto interval-training che consiste nella ripetuta serie di 400 metri, interrotti da 200 metri di recupero. Talvolta in gara applicava la stessa tattica piazzando continui cambi di ritmo per stroncare gli avversari nel corso della prova. Ancora oggi questo metodo è alla base della preparazione atletica dei mezzofondisti.
E questo è tutto, ma tanto, buoni Jeux de la XXXIIe Olympiade.