Carlito’s Way
Perle ai Porci
Di Kurt Vonnegut
Perle ai Porci è un romanzo d’amore. Estremo
Ma non dell’amore tra un uomo e una donna, che pure nel romanzo esiste ed è struggente (lei comprende la portata del suo amore, ma non può stargli vicino, è troppo fuori dagli schemi, non ce la fa anche se lo ama, ed amarlo può portarla alla follia).
E’ una storia d’amore universale, di un uomo verso un’umanità dolente, commovente ma al contempo impietosa, in fin dei conti pronta a prendere tutto quello che le dai e poi a tradirti e dimenticarti in fretta.
E’ una storia che racconta quale sia il prezzo dell’amore assoluto.
Kurt Vonnegut lo pubblicò nel 1965, con il titolo originario “God bless you, Mr. Rosewater, or Pearls before Swine”; in Italia fu pubblicato prima con una sola parte del titolo, “Dio la benedica, Mr. Rosewater”, per poi essere ripubblicato con il più lapidario ed attrattivo “Perle ai Porci” (ultima ristampa da Bompiani, 2022).
Già il cognome attribuito al protagonista (Eliot) Rosewater “acqua di rose”, è un capolavoro di cinismo, pietà e disincanto.
Mr. Eliot Rosewater è l’ultimo discendente diretto di una famiglia che possiede immense ricchezze, si trova a capo di una Fondazione creata per non pagare le tasse e, con la sua ingenua e dissennata magnanimità, secondo l’anaffettivo padre, ne sta dilapidando il patrimonio per una causa eticamente contraria all’idea di capitalismo dominante: aiutare chi ha bisogno.
Uno scaltro e grottesco avvocato – per diventare famoso ed arricchirsi – s’interessa alla situazione e si prodiga per far dichiarare insano di mente Eliot, e quindi togliergli le disponibilità della Fondazione per trasferirle a un suo novo cliente, un lontano parente che risulta altrettanto grottesco e avido, proprio per la vita insoddisfacente che conduce.
Eliot ha vissuto la seconda guerra mondiale è stato anche decorato, era un “ragazzo perfetto”, ma poi qualcosa si è dissolto in lui, e ha iniziato a vivere solo per aiutare “gli altri” in difficoltà, che però in fondo lo sfruttano, senza amarlo veramente.
Ma a lui non importa, conduce una vita anomala rispetto al suo status economico e rango sociale; beve, non cura più di tanto il suo aspetto, il luogo in ci vive è sciatto e agli occhi dei più indecente.
Ma tutti lo cercano quando hanno bisogno, cioè sempre, e lui non chiede nulla in cambio, è il campione dell’altruismo disinteressato che la società dei capitali e del consumo non si può (e non gli può) permettere.
E’ un estremista dell’amore disinteressato, e ciò non può essere consentito dove prosperano gli arrivisti e i famelici consumisti.
Alla fine riusciranno a internarlo in manicomio, ma la sua anima non cambierà, e la potenza del suo esperimento di amore universale gli sarà comunque riconosciuta da un ambiguo personaggio, Mr. Kilgore Trout, uno scrittore di fantascienza, che altro non è che l’alter ego di Eliot Rosewater.
Ma a pagina 76 c’è l’essenza, nel dialogo tra lui, il vecchio padre immarciscibilmente legato ai suoi principi e l’ex moglie che non ha retto il suo tipo d’amore:
“Il mio per Eliot è stato amore a prima vista” (la moglie)
“Non potresti usare un’altra parola?” (il padre)
“Al posto di quale?” (la moglie)
“Al posto di amore” (il padre)
“Esiste forse una parola migliore?” (Eliot)
“Era una parola che andava benissimo…fino a quando se n’è impadronito Eliot. Oramai è rovinata, per me. Eliot ha fatto della parola amore quello che i russi hanno fatto della parola democrazia. Se Eliot vuole amare tutti, qualunque cosa siano, qualunque cosa facciano, allora quelli di noi che amano specifiche persone per specifiche ragioni farebbero meglio a trovarsi una parola nuova” (la moglie)
“Alzò lo sguardo a un quadro a olio della sua povera moglie”.
“Per esempio io amavo lei più dello spazzino, il che mi rende colpevole del più innominabile dei delitti moderni: la di-scri-mi-na-zio-ne”. (Eliot)
Leggetelo.
Fa molto male, fa moltissimo bene.
