Ringraziatemi se esisto: Ego Transfert & Compassionate Posts

Carlito’s Way


Ringraziatemi se esisto
Ego Tranfert & Compassionate Posts

Avete notato come sono cambiati i post negli ultimi tempi (in primis su Linkedin, Facebook è ancora un’altra cosa, forse per poco), soprattutto nell’ultimo anno? Per i post-eri, siamo al termine del 2022.
Allora, quali sono i mega-trend ai quali uniformarsi, o quanto meno indirizzarsi velocemente?

  • Sostenibilità;
  • Digitalizzazione;
  • Parità di genere;
  • Gentilezza

Non in ordine gerarchico, tutti sono al primo posto, dipende dalle sensibilità.
Tutti inequivocabili, non fanno una piega, prova a dire qualcosa in contrario e sei spacciato o spacciata.
Politicamente ineccepibili, stra-corretti e forieri di vision. Nulla da eccepire.
E allora perché non metterli tutti insieme nella propria brand-identity? Non è una cattiva idea, anzi, funziona un sacco, raga.
Facciamo così.

Ego Transfert Post
Il “Mood”: creare un sentimento positivo allargato, diffuso, pressochè incontestabile dati i megatrend;
Il Post: deve fare riferimento a una storia vissuta nel passato più o meno remoto, ma anche attuale:

  • di persona (meglio);
  • della quale sei stato/a testimone;
  • che ti hanno raccontato;
  • che ti sei inventato/a (il più delle volte non c’è modo di verificarlo, e nemmeno interessa farlo, a meno che non esageri);

Il Contenuto: deve essere una storia con un fondo di tristezza (a volte solido, a volte velato, ma deve essere convincente, non è necessario conoscere il vero o la vera protagonista della storia), tipo un licenziamento, un sopruso o un atto di “bullismo” (meglio se aziendale), al quale è seguita una reazione resiliente che ha “ribaltato” il senso della storia;
Grazie a chi: apparentemente grazie al protagonista, in realtà grazie a chi ha scritto il post, che con la sua lungimiranza, competenza e saggezza ha creato i presupposti affinchè queste cose “venissero a galla”, grazie al proprio nome e alla propria influenza (…se te la racconto io è vera); la storia deve essere tutto sommato “normale”, cioè un’esperienza nella quale tutti o quasi possano riconoscerci, almeno in una fase specifica della propria vita, insomma una situazione che tutti abbiamo vissuto o sfiorato o sappiamo vissuta da qualcuno che conosciamo;
La Morale: questa la offre sempre e rigorosamente l’influencer di turno (i più scafati usando anche parole della persona che ha vissuto la Storia, ma tanto chi lo sa?), tramite alcuni consigli di facile assunzione “post-delivered” del tipo: “trattare bene i collaboratori se non li si vuole perdere” (e se li volesse perdere?), “create un ambiente gradevole e gentile dove le persone possano sentirsi a proprio agio”, “se perdi qualcuno di valore poi chi verrà ti costerà di più”, “create un ambiente di lavoro dove le persone possano crescere veramente ed abbiano opportunità”, “non umiliate mai le persone quando fanno uno sbaglio, semmai parlatene apertamente”, “non create troppa distanza tra chi sta al vertice e i collaboratori”,  ecc…);
La conclusione: con la domanda “che ne pensate”?
Questa domanda è importante, è suggerita da tutti i brand trainer, proprio perché è quella che genera il transfert verso l’Ego-Influencer: e che ne dobbiamo pensare, come si fa a dire il contrario, la maggior parte dei followers si identifica nel pensiero e nei sentimenti di chi ha pubblicato, si proietta nei suoi modi di pensare facili.
Bingo, venduto.
E se qualcuno manifesta un pensiero differente (difficile, la maggior parte dei commenti è ovviamente entusiasta), oppure un sentimento di leggero fastidio?): 1) viene ignorato (giusto, dai, mica tutti possono gradire); 2) vieni stroncato come manager-rex appartenente ad una specie estinta senza un minimo di leadership visionaria (giuro che alcuni amici mi hanno mandato in privato risposte cattivissime dagli influencer gentili); 3) vieni cancellato, se vai giù pesante.
E sei sempre stato sufficientemente gentile trattando bene le persone senza sentire l’obbligo di doverlo espettorare? Prendi su e porta a casa.

Compassionate Posts
Il “Mood”: creare un sentimento amorevole, tenero e denso di dolcezza e/o tenerezza, dolciastro con una punta di amaro o viceversa, anche in questo caso pressochè incontestabile dati i megatrend;
Il Post: deve fare riferimento a una storia vissuta nel passato più o meno remoto, ma anche attualissimo, perché siamo sul pezzo:

  • da una persona nota (uno sportivo, un imprenditore, un manager, artisti, ecc.), che abbia vissuto o stia vivendo un momento difficile della sua vita, in ogni caso che susciti identificazione grazie alla sua popolarità;
  • oppure da una persona semi-sconosciuta o sconosciuta ai più (magari un nome sconosciuto che poi è diventato famoso/a, che in ogni caso generi un sentimento di “rivelazione wow” (“non lo sapevo, caspita, chi l’avrebbe mai detto”), che comunque susciti identificazione grazie alla sua vera o apparente “normalità” rispetto alle storie comuni di noi tutti;
  • va benissimo anche una frase non proprietaria, una citazione del o della protagonista è perfetta, quasi meglio.

Il Contenuto: deve acchiappare i sentimenti di sofferenza che si trasforma diversificatamente in rivalsa, rivincita, capacità di “risorgere”, di resilienza di fronte alle ingiustizie e alle trappole della vita in cui tutti, ma proprio tutti, possiamo cadere: nessuno deve sentirsi escluso; ma possono anche essere storie gioiose, ma mai scontate, perché non si sa mai, se rapportate ad altre storie; insomma deve esserci identificazione allo stato puro;
Grazie a chi: grazie a chi pubblica il post, che ci fa conoscere risvolti di storie che noi, da soli, forse non potremmo conoscere mai: chi pubblica deve dimostrare di “conoscere” la storia più in profondità, scendendo in anfratti che ai più non possono essere noti, l’importante è che sia commovente;
La Morale: qui la morale si manifesta da sola, di solito chi posta non commenta più di tanto, si limita a “riferire”, magari con alcune argute puntualizzazioni;
La conclusione: Si trova nella compassion suscitata dal post, è una faccenda più intima rispetto a quella di prima;
Chi c’è dietro: qui è più difficile stabilirlo, non si tratta di un ego-influencer singolo, ma di un brand.
Bingo, venduto.

E’ un fenomeno social che viene definito “molasses” , melassamento” , sta spopolando per generare buoni sentimenti, e ci sta anche questo, se l’intento reale è questo. Basta essere autentici, non apparirlo. Ok.
E se qualcuno si dovesse manifestare un po’ infastidito dal “molasses”? (difficile, la maggior parte dei commenti è ovviamente entusiasta); 1) viene ignorato (giusto, dai, mica tutti possono gradire); 2) appare un personaggio che emerge magicamente dal brand e che ti dice che non sei sensibile);  3) vieni cancellato, se vai giù pesante.

Sic transit gloria mundi. Il bene e il corretto contro il nervosismo intorno e dentro il management: magari vedessi prevalere la prima opzione, sarebbe davvero fantastico. Ma siate autentici. Solo questo.
Funziona fortissimo.
Magari c’è anche qualcuno che si chiede degli slot da solo, e li ottiene pure, Narcisi 4.0, abili e ragguardevoli costruttori visionari, porca miseria, siete forti.
Vi ammiro.
Però solo se poi non vi fate sgamare su Facebook con una pizza o una pajata al posto del vostro viso.
E solo se anche voi siete davvero così come l’acqua vi rispecchia.
Poi magari mi date l’indirizzo di dov’è il posto, cioè il post, che ci vado anch’io ad imparare.
Vi ringrazio di esistere, e dico sul serio, perdonatemi se vi osservo con curiosità, ma anche questa fa parte della leaderhip, no?

P.S.: anche con questo scritto Carlito non si farà amici, o ne perderà qualcuno, o guadagnerà haters, ma sempre con gentilezza. Sono solo un Mc Luhan de noantri, per altro non del tutto d’accordo con lui. Se non avete senso dell’ironia curiosa, è un problema vostro, ne parleremo sui social, magari in uno slot.